Jaguar E-Type | Vintage
JAGUAR E-TYPE
Testo Roberto Marrone / Foto Andy Williams
1961-2021. Sono passati oltre 60 anni dalla presentazione della E-Type, ma il suo fascino è rimasto immutato. La sua linea è fuori dal tempo come quando la vettura fu presentata al Salone di Ginevra a metà marzo del ’61. Quel giorno scoppiò un pandemonio, nessun’auto prima di allora era mai stata proposta al pubblico con una forma così moderna, suadente, persino sexy. Era presente il Patron della Jaguar in persona, Sr. William Lyons e con lui anche il pilota collaudatore Bob Berry che aveva il compito di farla provare alla stampa. Bob doveva fare gli straordinari e non aveva un attimo di respiro, dato che l’entusiasmo e la curiosità di provare la vettura era enorme; un successo che era andato oltre alle più rosee previsioni.
La linea creata da Malcolm Sayer derivava dalla pluri-vittoriosa D-Type ed era affascinante ed elegante come nessuna mai, parole dello stesso Commendator Enzo Ferrari. Anche la meccanica era all’avanguardia con il 6 cilindri di 3.800 cc che sviluppa 265 cavalli e permette di raggiungere una velocità di 245 km/h. Nel 1963 il giornalista e pilota Paul Frère provò un esemplare della E-Type coupé raggiungendo 256 km/h, quindi ben superiore a quella dichiarata. Tornando ai giorni del suo lancio, come detto, tutti la volevano provare e Lyons sapeva che non poteva permettersi che qualcuno non facesse il test drive desiderato. Fu così che, la sera della presentazione, partì una famosa telefonata “Mandatamene un’altra o qui è l’inferno”. Sembrava una richiesta assurda, impossibile guidare una macchina per 1.300 chilometri in meno di una giornata, anzi, in meno di una notte, nel 1961 per giunta! Va ricordato che non c’erano le strade e le autostrade come oggi, ma quando Norman Dewis, pilota e collaudatore, ricevette la chiamata, non ci pensò due volte, prese un sacchetto di mele ed una bottiglia di latte e fu subito pronto a partire da Coventry alla volta di Ginevra. Attraversò la Manica, ma perdendo l’ultima nave per Calais fu costretto ad allungare la strada per recuperare un traghetto per Ostend (Belgio), riuscendo a prenderlo per un soffio, guidò poi per tutta la notte effettuando un epico viaggio senza soste e sfruttando tutta la potenza dell’auto. Attraversò la Francia (al tempo non c’era un’autostrada che dalla costa nord francese arrivasse fino alle Alpi) e così, su strada statale, corse nella notte (11 ore filate) per accontentare un nutrito gruppo di ansiosi giornalisti che attendevano all’Hotel du Parc des Eaux Vives. Sfidando stanchezza e distanza, alle 8:15 del mattino giunse al cospetto di un Lyons sollevato e soddisfatto. Una bella lavata e la E-Type era pronta per i test e direi anche molto ben collaudata (1.300 km, alla folle media di 110 km/h).
La prima serie della E-Type, era chiamata Flat Floor, proprio per il suo fondo piatto, ma già nel 1963 venne abbandonato per dare un po’ più spazio ai piedi. Nel corso dello stesso anno, anche il rivestimento del cruscotto e del tunnel centrale, prima rivestito in alluminio, adotta il vinile nero e la pelle. Sempre con la denominazione Prima Serie, arriva il motore 4.200-cc, la carrozzeria rimane invariata (65-66) così come gli interni, ma adotta un cambio Jaguar con la prima sincronizzata al posto del Moss.
Nel ‘66 esce la versione 2+2 e per creare due posti in più si snatura la linea: il tetto è più alto, il passo da 244 diventa 267. Persino Lyons la trova poco piacevole. La 2+2 adotta i cambiamenti estetici delle sorelle FHC (Fixed Head Coupé) e la seconda versione avrà poi le caratteristiche della Seconda serie della E-Type, nel ‘69, quando cambierà molto sia esternamente che internamente.
Tra il ‘67 ed il ‘68 arriva la “prima serie e mezzo”, che fu privata di molti cavalli per adeguarsi alle normative antinquinamento americane. Poche le differenze estetiche, come ad esempio la perdita della carenatura dei fari ed i sedili che diventano piatti – forse più comodi – ma senz’altro meno belli da vedere. Spariscono i tre carburatori SU, al loro posto due Zenith Stromberg. Parlando di E-Type bisogna sempre pensare alle due tipologie di carrozzeria disponibili, dato che dopo la FHC è uscita pure la OTS (Open Two Seater). Come fare a dire qual è la più bella? Innegabilmente la Coupé ha una linea più particolare, mentre la versione aperta perde logicamente quella forma armoniosa del posteriore, ma rimane comunque una delle più belle cabrio mai costruite. Quasi dimenticavo, per la OTS era disponibile anche un Hard Top.
Nel ‘69 è il momento della E-Type 4.2 Series 2, proposta da subito nelle versioni OTS, FHC e 2+2. Il nuovo modello subì aggiornamenti ben più importanti (o devastanti) specialmente nell’estetica. Vennero adottati dei paraurti più massicci, una presa d’aria maggiorata (per migliorare il raffreddamento), fanali posteriori più ampi posti sotto al paraurti anziché sopra. Tutto ciò alterò in maniera visibile la purezza della sua linea, anche se di certo non la trasformò da cigno a brutto anatroccolo. La meccanica subì modifiche e migliorie, venne impiegato un impianto frenante potenziato (con un servofreno di maggior diametro), un nuovo sistema di raffreddamento (munito di due ventole) e vennero resi disponibili come optional il servosterzo e l’aria condizionata. L’abitacolo beneficiò del volante con piantone collassabile e di nuovi sedili muniti di poggiatesta.
Nel ‘71 è la volta della terza serie dotata del 12 cilindri di 5.343 cc. Ruote più grandi, carreggiata molto allargata, il passo della 2+2: tutto questo contribuì a far perdere ulteriormente la purezza della linea, dato che fu necessario ampliare i parafanghi, aumentare la dimensione della “bocca” con tanto dell’aggiunta di una calandra. Montava paraurti con grossi rostri e nonostante la maggior potenza, soffrendo di un peso superiore, da GT brutale e non molto docile, diventò più una vettura da turismo all’americana (la maggior parte aveva il cambio automatico), ma dopotutto era quello il mercato principale. La terza serie, perse il volante con la corona in legno, ma anche le fantastiche ruote a raggi. Nel 1973, l’arrivo della crisi petrolifera non fu certo d’aiuto e nel 1974 la E-Type uscì di produzione. Nelle varie serie ne furono costruite circa 70.000 esemplari, moltissime, considerando la tipologia della vettura, ma va detto che il prezzo era molto concorrenziale, una qualità che Sr. Lyons ha sempre voluto mantenere.
La E-Type è stata impiegata anche in competizioni da vari Team, gareggiando per esempio a Le Mans. In seguito sono state sviluppate delle versioni alleggerite, denominate Lightweight e prodotte in 12 esemplari (su 18 previsti) e la Low Drag, in solo 2 unità (telai S850662 e S850663), anche se pare che una Lightweight sia poi stata modificata a Low Drag. La stessa Jaguar – nel 2014 – ha costruito i 6 esemplari di Lightweight restanti, stessa cosa ha fatto con le XK-SS, dato che anche in quel caso ne avevano costruite solo 16, sulle 25 previste, prima che un drammatico incendio in fabbrica nel febbraio del 1957 ne distrusse anche gli stampi.
In Italia le sorelle Giussani, adottarono la E-Type come l’auto del loro personaggio a fumetti nato proprio nel 1962: “Diabolik” e che ancora oggi utilizza tassativamente una prima serie coupé in tutte le sue avventure con la fedele compagna Eva Kant. Proprio nel mese di dicembre 2021 e per festeggiare il 60° compleanno del fumetto, uscirà un nuovo film di Diabolik e la E-Type sarà ovviamente protagonista (a parte in qualche scena di inseguimenti dove è stata approntata una copia ben poco rassomigliante). Un altro film era stato girato nel 1968 e diretto da Mario Bava. La casa madre, quando nel ‘62 vide rappresentata la propria vettura in un fumetto ed utilizzata da un personaggio che aveva la fama di essere un famoso ladro, non la prese molto bene, ma notò ben presto che quella pubblicità gratuita non era poi una cosa negativa. Ancora adesso quando per strada la indicano, pochissimi dicono: “Guarda, una E-Type!” È più facile sentir dire: “È l’auto di Diabolik!”.
Le differenze tra le varie serie negli anni sono molte e purtroppo è facile vedere, a causa di restauri poco fedeli o di libere interpretazioni per scelta dei proprietari, particolari montati che appartengono ad altre versioni. I più facili da individuare sono i cerchi a raggi che nella prima serie hanno il mozzo con un incavo centrale e il gallettone con le punte. La seconda serie dovrebbe avere i mozzi lisci ed i gallettoni privi di punte. La terza serie nasce con le borchie (o coppe) come la sorella XJ, ma è facile trovare sempre i gallettoni con le punte ovunque. Un’altra modifica che si vede spesso è l’aggiunta dei pannelli di alluminio negli interni, cruscotto e tunnel centrale, che già nel corso del 1963 hanno invece lasciato spazio al vinile nero. Ma come si può immaginare le interpretazioni sono molteplici, anche le scritte sul portellone sono diverse tra le varie serie, come pure i pannelli interni delle portiere, mentre le levette tipo “Spitfire” dopo il ‘67 lasciano il posto agli interruttori. Per i sedili va fatta una precisazione: riferendomi alla prima serie, quindi parlando dei famosi gusci o sedili ad unghia, la FHC nasce con gli schienali più larghi, mentre la OTS li ha più stretti in alto per permettere ai pantografi della capote di poter effettuare più agevolmente il passaggio. Durante la produzione però, su molte FHC sono stati montati anche i sedili della OTS, quindi in questo caso non si tratta di un’interpretazione libera del proprietario.
Unico consiglio sulle prime serie è quello di montare una ventola aggiuntiva davanti al radiatore, dato che quella di serie non è adeguata al traffico dei giorni giostri.
Ma come va la E-Type? Se ne sentono dire tante, alcune sono leggende metropolitane, altre sono legate alle abitudini, altre ancora sono del tutto soggettive. Innanzitutto la carburazione deve essere ben fatta, poi si deve evitare di ingolfarla all’avvio. Le dimensioni della E-Type sono diverse da qualsiasi auto contemporanea: è molto stretta, si è seduti vicino alle ruote posteriori e se siete alti non starete comodi e vi toccherà spostare il ginocchio per attivare e disattivare la levetta dell’indicatore di direzione, ma state pur certi che ve ne farete una ragione. Se inserite la prima marcia come si fa abitualmente, la grattata è sicura, dato che per ingranare la prima bisogna spostare la leva in avanti dritta e va ricordato che non è sincronizzata (prima serie) per evitare brutte figure ai semafori o nel traffico. Va fatta l’abitudine al muso che arriva dove voi non potete vedere, Il volante in manovra può risultare pesante, ma a dire la verità sono quelli di oggi ad essere troppo servoassistiti. I freni sono tutti e quattro a disco, ma rispetto ai dischi di oggi, c’è una differenza di dimensione; frena bene, ma non bisogna esagerare nell’utilizzo sportivo intensivo.
Veniamo alla potenza: c’è e si sente, anche se su strada normale non porterete mai il contagiri nella zona in cui sentirete come la musica cambia, ovvero sopra i 4.000/4.500 giri. Va ricordato che sulla maggior parte delle E-Type c’è il contamiglia, quindi per evitare multe fate attenzione. Veniamo alla tanto sbandierata leggenda sulla tenuta di strada: prima cosa occorrono le gomme giuste, non supereconomiche e tantomeno di qualche brand concorrenziale e soprattutto assicuratevi di evitare correzioni a metà curva, le quali potrebbero sbilanciarla. La passione per le auto d’epoca deve andare in parallelo con il loro giusto utilizzo e se volete un’auto incollata a terra e che vi permetta di fare le curve senza problemi, o scendere da un passo alpino pestando violentemente sui freni negli ultimi metri di ogni tornante senza affaticarli mai, compratevi una Lotus moderna. Ma se intendete davvero guidare un pezzo di storia dell’automobile, la Jaguar E-Type saprà come conquistarvi, fugando al primo sguardo anche ogni dubbio sul perché sia stata sempre considerata l’auto più bella al mondo. Come ha fatto sessant’anni fa e come farà per i prossimi sessanta e oltre.