Hero Cars – Episodio 06 | Honda NSX
Testo Tommaso Mogge / Foto Honda
Non sbagliate se considerate la Honda NSX come la prima vera e propria supercar giapponese. Siamo nel 1984, in questo preciso momento e con un settore automotive nipponico in rapido sviluppo, Honda commissiona a Pininfarina un progetto che segnerà un passo di fondamentale importanza per il marchio e non soltanto. Dapprima identificata con la sigla HP-X (Honda Pininfarina eXperimental) e in seguito trasformata in NS-X (New Sportcar eXperimental), questo nuovo modello aveva un obiettivo ben preciso e piuttosto ambizioso, ovvero quello di rappresentare una sportiva ad alte prestazioni che richiasse l’inconfondibile stile italiano.
Presentata al salone di Chicago nel 1989 e prodotta l’anno successivo, la NSX non solo lasciò tutti a bocca aperta per via delle sue forme a dir poco inusuali per un’auto giapponese, ma dimostrò che su strada era perfettamente in grado di sbaragliare competitor come la Ferrari 348. Bassa, larga e con il motore posizionato immediatamente dietro al posto guida, si capì subito che quest’auto avrebbe lasciato un segno indelebile, strillando al mondo che il Giappone non era più soltanto terra di piccole utilitarie o pratiche berline. L’incredibile pacchetto tecnologico che la NSX portava con sé era di assoluto riferimento e tra le tante cose riguardava un telaio alleggerito in alluminio, sospensioni in alluminio a quadrilateri deformabili e con doppio braccio oscillante, forcelle forgiate e cerchi in lega forgiati. Vi erano poi bielle in titanio, pistoni forgiati e un V6 da 3-litri con linea rossa posta a 8.000 giri, frutto di un fantasmagorico propulsore che erogava 273 cavalli e 284 Nm di coppia sulla sola trazione posteriore.
Con un peso che non superava la tonnellata e mezzo e un bilanciamento pressoché impeccabile, erano proprio la rigidità dell’assetto e un comportamento in curva affinato dai tecnici Honda guidati dalle indicazioni del campione di Formula 1 Ayrton Senna che resero la NSX lo spauracchio per le supersportive europee. Si trattava infatti della sportiva che terrorizzava le supercar di tutto il mondo: era tutta nuova, esteticamente bellissima e faceva sentire il proprio guidatore come il pilota di un jet fighter, anche perché l’abitacolo stesso era stato appositamente progettato per offrire una visuale completa sulla strumentazione e sugli ingombri che l’auto avrebbe occupato una volta sguinzagliata su strada o su pista.
Inizialmente disponibile con cambio automatico o con un manuale a 5 rapporti, la NSX subì un aggiornamento nel 1997, il quale riguardava qualche piccola modifica estetica e anche all’interno dell’abitacolo. Significante invece l’introduzione di un nuovo motore, un 3.2 V6 da 280 cavalli, disponibile sia con automatico, che manuale. Tra il 2002 e il 2005 ci fu un update più consistente, con la perdita dei fari anteriori a scomparsa e con un look più contemporaneo. Restavano disponibili soltanto due varianti: il 3.0 da 255 cavalli con la sola trasmissione automatica e il 3.2 da 280 cv con cambio manuale. I costi continuavano però ad aumentare e la NSX non sembrava più rappresentare la perfetta alternativa alle più tradizionali supersportive, così la produzione venne definitivamente interrotta nel 2005. La NSX tornò in vita nel 2016, con un modello ancora una volta rivoluzionario e provvisto di un’unità ibrida, ma questa è un’altra storia.