Testo Matteo Lavazza / Foto Bruno Serra
Entra nella curva, esci dalla curva. La Panamera resta piatta come una tavola di marmo. Quando sei più concentrato sulla guida che su amplificatori dell’esperienza come sound e paesaggio fuori dal finestrino, allora significa che stai facendo sul serio.
Se vi state pregustando una tra le tante asettiche recensioni sulla nuova Panamera, chiudete pure il giornale. Se sperate di trovare un’insolita ragione per chiedere indietro la caparra sulla GT3, forse sarà meglio che vi mettiate comodi. Blasfemia? Forse. Possibile che abbia perso del tutto la ragione? Neanche un po’. A dire il vero, se fino a qualche ora fa mi avessero detto una frase del genere, avrei seriamente preso in considerazione di sferrare un destro dritto sul naso dell’interessato, ma dopo quello che sto per raccontarvi, metto in dubbio anche la più consolidata convinzione sul fatto che una grossa e pesante berlina non possa essere considerata alla stregua di una supersportiva.


Giudice imparziale una strada di montagna resa insidiosa da temperature che altalenano tra i +2° e i -3°, terriccio, tanto sale che prova in tutti i modi di evitare pericolose quanto inattese gelate e la pianificazione di un diario di bordo che percorrendo qualche centinaio di chilometri mi avrebbe consentito di saggiare le potenzialità della terza generazione di Porsche Panamera. Il fatto è che senza nemmeno rendermene conto mi son trovato nel bel mezzo del piano B. Ah, il piano B. Quello che in buona sostanza è il tuo obiettivo primario, ma che tieni come riserva soltanto per giustificare che hai provato in tutti i modi a svolgere i compiti nella maniera più canonica possibile. Approfondiremo a breve.




Ricordo ancora quando guidai la prima Panamera della mia vita e la prima generazione in assoluto. Il compito di approcciarmi ad una nuova concezione di Porsche fu reso anche più spigoloso dal fatto che si trattasse di una Porsche con motore diesel. Bastarono pochissime ore di convivenza per capire che era una vettura eccezionale, che pensava fuori dagli schemi e che una volta toccata con mano non faticava a giustificare la propria esistenza, seppure all’ombra dell’immortale 911. Dieci anni fa i confronti si sprecavano. Ruotava sempre tutto attorno alla 9-1-1 Carrera, a prescindere dal vantaggio di disporre sedili posteriori degni di essere chiamati tali e da un comportamento tra le curve che entrava a gamba tesa nel panorama delle berline ad alte prestazioni, ricordando che il badge di Stoccarda là davanti non fosse un caso.

Giunti alla terza generazione, la consapevolezza che Porsche non sia soltanto coupé (o cabrio) a 2 o 2+2 posti è ormai un concetto universale. Nel frattempo abbiamo avuto Macan, quattordici diverse versioni di Cayenne e la prima 100% elettrica, la Taycan, anch’essa disponibile in millemila varianti e che riprende saggiamente la nomenclatura delle Porsche a combustione interna, giusto per non spiazzare i propri clienti. Ancora Panamera e personalmente sono molto dispiaciuto dell’abbandono della Sport Turismo, a mio avviso una tra le migliori daily di sempre, ma come è normale che sia, è il mercato a tirare i fili.



Non c’è un limite temporale per capire dove ci si trovi, ma con Porsche si riduce sostanzialmente tutto ad una curva. Guidi, puoi percorrere ore di autostrada come se fossi al volante di una qualsiasi berlina di alto rango, ma nell’istante in cui sei lontano dai pedaggi e imposti Sport, è lì che il tuo corpo percepisce input di una precisione tale da farti subito accendere la lampadina e dire “Sono su una Porsche”. L’asfalto, perlomeno quello che c’è sotto uno strato di terriccio e sale, è tortuoso e si fa spazio tra due muri di neve che delimitano una carreggiata scolpita nel freddo inverno. Le nevicate sono state abbondanti, ma gli sbalzi termici hanno agevolato il lavoro di pulizia delle strade, lasciando così un contrasto tra il bianco della neve e il grigio della strada. Devo soltanto scegliere una direzione e guidare, ci sono curve a perdita d’occhio e in ogni direzione.

E così ho fatto esattamente quello che andava fatto, soprattutto avendo a disposizione un pieno di benzina e un pieno di elettroni. Sì, perché questa non è soltanto una delle nuove Panamera, ma una tra le più prestazionali. Stiamo parlando della Turbo E-Hybrid, che tiene viva la celebrazione del V8 turbocompresso, ficcando nel pacchetto anche un’unità elettrica ricaricabile (Plug-In) per un totale di 680 cavalli e 930 Nm di coppia. Ma chi ha bisogno di una simile potenza in una berlina così sobria? Nessuno – o quasi – ma non puoi farne a meno. Alla prima accelerazione non ti rendi neanche conto del potenziale a disposizione, perché l’auto prende vita in EV Mode e se vuoi risparmiare elettricità basta girare la rotellina sulla razza destra del volante e ingaggiare Hybrid.






La trasmissione PDK a 8 rapporti non ha bisogno di presentazioni e nonostante la sua rinomata efficienza continua a evolversi, lasciando stare i due paddle per salire e scendere di marcia, sempre di dimensioni piuttosto ridotte, ma notevoli per peso e rapidità nell’innescare il rapporto richiesto. Tengo d’occhio il contagiri e con una linea rossa posta a 6.800 capisco che l’unico limite imposto è quello rappresentato dalla strada e da quella noiosa cosa chiamata spirito di autoconservazione. Chissà che magari non possa disattivarlo. Ci provo e sfruttando uno spiraglio di asfalto rettilineo affondo il piede destro. Alcuni direbbero che si decolla, ma sbagliano di grosso. La Turbo E-Hybrid mette in mostra uno dei suoi aspetti più importanti, che poi sono tre, o quattro, o cinque. Forse sei o sette, o semplicemente troppi per essere contati.

La progressione è disarmante, la trazione integrale si aggrappa alla strada e le Pirelli Sottozero fanno i salti mortali per tenervi in strada e tutti d’un pezzo. Il 4.0-litri urla là dietro, sputando aria dalle due coppie di terminali di scarico. Certo, potremmo criticarlo per aver tagliato qualche decibel, ma a dire il vero sono troppo concentrato a tenere stretto il volante, che avrei preferito leggermente più spesso. Nonostante la precarie condizioni del manto stradale non c’è il minimo accenno di imprecisione e la Panamera scarica a terra tutta la potenza a disposizione. I più nerd sono pronti a dire 3,2 secondi per lo 0-100, o 11,3 per lo 0-200, ma qui nel mondo reale e nel freddo di una strada di montagna sembra di viaggiare a 300 orari, velocità peraltro raggiungibile dato che la Turbo E-Hybrid tocca i 315 km/h. Touché.


Ok, è incredibilmente comoda, ha sedili riscaldati e raffrescati, un enorme schermo digitale touch posizionato sopra una console a sfioramento tramite la quale controllare ulteriori parametri del clima e sappiate che non ruota tutto attorno al solo guidatore, dato che anche il passeggero ha un display touch dal quale controllare il sistema infotelematico. La chicca è che dal posto guida non sarete infastiditi da un riflesso extra, dato che la particolarità del sistema è che sia visibile soltanto dal posto di chi vi siede accanto. E se come al sottoscritto capita di farsi male alla schiena prendendo il barattolo della Nutella in fondo allo scaffale dei dolci, c’è il sistema di sospensioni che alza di 5,5 centimetri l’auto per un accesso facilitato.






Non è tutto, perché questa particolare caratteristica chiamata Active Ride è ciò che rende la Panamera letale tra le curve. Si tratta di un sistema che grazie a una pompa idraulica su ciascuna ruota offre massima indipendenza di ragionamento in termini di bilanciamento dei pesi. In parole semplici significa che quando metti il gas a tavoletta, il cofano non punta verso l’alto. Quando freni forte, l’auto non si schiaccia verso l’anteriore e quando entri in curva a velocità che non si addicono ad un buon padre di famiglia, l’assetto rimane piatto e continua a regolarsi per muovere la grossa berlina con un’agilità che farebbe impallidire una 911.

Questo è il fatidico momento in cui ogni buon porschista (me incluso) griderebbe allo scandalo. Non è questo il caso, perché sensazioni simili sono merce rara, soprattutto in un segmento – quello delle berline – sempre meno affollato e dove quelli che continuano a farle, devono per forza proporle a suon di esclusivi gadget e soluzioni anticonformiste. Ma se schermi, LED e soluzioni di design appariscenti hanno una data di scadenza, il piacere di guida è una lingua universale, un qualcosa che non sfugge all’appassionato e parlando di Porsche, passione e guida sono un’unica entità a sé stante. Potrei aver travisato e con questa scusa comincio la giostra di tornanti del Colle della Maddalena.
Con il versante francese baciato da un sole che però non accenna a far diminuire le colate di acqua ghiacciata sull’estremità delle corsie, il movimento sullo sterzo è doppio rispetto al solito. Come un karate kid della Brianza avanzo in un ipnotico “entra nella curva, esci dalla curva” e lei – la Panamera – resta piatta come una tavola di marmo di Carrara. Lo scarico emette qualche scoppiettio, ma non ci bado nemmeno più di tanto e quando sei più concentrato sulla guida che su amplificatori dell’esperienza come sound e paesaggio fuori dal finestrino, allora significa che stai facendo sul serio.

Si sale e si scende per poi risalire di nuovo, prima in direzione Col de Vars e poi sinché un muro verticale di neve non pone la parola “Stop” in direzione del Parpaillon. Là dove osano gli sciatori e dove l’auto tipica è un SUV qualsiasi, faccio inversione di marcia soltanto per rigettarmi nella mischia, fare a pugni con le curve e frantumare le leggi della fisica che danno per scontato che un corpo così pesante dovrebbe rassegnarsi a fare tanto rumore una vola caduto. La seduta Porsche è sempre la stessa, sei letteralmente immerso in abitacolo e ti senti parte della vettura. È grazie a questa ennesima coccola che fai subito pace con le generose dimensioni della Panamera, esteticamente rivoluzionata, ma che mantiene sostanzialmente le misure della seconda generazione.


Mi convinco che ci sia ancora del margine, ancora qualcosa da spremere e vado a richiamare quindi Sport Plus, ovvero la modalità più prestazionale tra quelle a mia disposizione. Ha tutto dell’incredibile, perché parliamoci chiaro, che una vettura di simili dimensioni e peso riesca a mantenere un’andatura del genere in queste condizioni stradali e con pneumatici invernali è qualcosa che va contro natura. E mi piace maledettamente. Anzi crea proprio dipendenza e mi fa interrogare su come faranno gli altri a tenere il passo, ammesso che possa essere qualcosa di lontanamente immaginabile, non avvalendosi della tecnologia a disposizione qui.


Il peso che mi porto appresso non è mai nemmeno lontanamente percepito e la precisione con cui il volante dialoga con le ruote anteriori è pazzesca. La strada qui è priva di buche, ma i numerosi avvallamenti mettono di solito in crisi andature non propriamente turistiche. Non nel nostro caso e approfittando dell’assenza di traffico cerco di avvicinarmi alle vere capacità dinamiche dell’auto, alle volte dimenticando che potrei avere con me quattro persone e rispettivi bagagli. E li sentirei pure gridare, dato che l’insonorizzazione rispetto all’ambiente esterno è notevole, il tutto a impreziosire il comfort di una guida rilassata e rendere più ultraterrena l’esperienza odierna, dove ogni curva viene affrontata come una lama rovente affonda nel burro. Un taglio netto che non senti neppure. È come togliere un cerotto – dico io – meglio forte e senza nemmeno accorgertene così da trovarsi al cospetto di un altro passo di montagna. Nel frattempo il serbatoio non chiede neppure pietà, dato che in quei rari momenti meno concitati lascio che il sistema ibrido ricarichi il pacco batterie e mi faccia ingurgitare quei chilometri cittadini in modalità 100% elettrica.

Che poi la Panamera è pensata anche per chi non intende sconvolgersi gli organi interni ad ogni uscita fuori porta. Con un listino come sempre lungo da far invidia alla Divina Commedia, la Turbo E-Hybrid è lo step più alto della catena alimentare, superato soltanto dall’assurda Turbo S E-Hybrid, la quale aggiunge altri 100 cavalli alla follia per quattro, o cinque, a seconda di come desiderate configurare la vostra. Immaginerete che tutto questo non costi pochi spiccioli e difatti è così: la Turbo E-Hybrid parte da €201.000, ma indugiando sugli optional – e fidatevi che sono davvero tanti – un esemplare come quello in prova arriva a costare €247.000, il che ci riporta al discorso iniziale. Non siamo più su cifre da berlina, per quanto ottima che sia.


Questi sono prezzi da super-lusso e da supercar, per cui la domanda sorge spontanea. Questa o una 911 GT3? Questa o una Bentley Flying Spur? Nel paese delle meraviglie del sottoscritto, le prenderei tutte e tre, affiancandole ovviamente a qualche purosangue italiana, ma non ho ancora capito perché i concessionari non accettino i soldi guadagnati al Monopoli. E se nel dubbio toccasse sceglierne una soltanto?

PORSCHE PANAMERA TURBO E-HYBRID
Motore V8 cilindri, 3.996 cc Potenza 680 hp Coppia 930 Nm
Trazione Integrale Trasmissione Cambio Automatico a 8 rapporti Peso 2.435 kg
0-100 km/h 3,2 sec Velocità massima 315 km/h Prezzo da€201.153 (€247.671 esemplare in prova)